Un poeta filosofo
Jeannine. Ho incontrato Shantidas per la prima volta in occasione di una conferenza. Appartenevo ad una famiglia laica e anticlericale, ma il suo discorso mi ha colpito profondamente. Tempo dopo, quando lavoravo come assistente sociale, mi sono avvicinata alla comunità, allora a La Chesnaie.
Quest’uomo imponente m’impressionava. Mi intimidiva e mi sembrava austero… Era come immerso nella sua ricerca interiore e a volte pareva non vederti. Chanterelle, invece, era molto accogliente, sorridente, parlava, rideva, trasmetteva il suo affetto.
Molto dopo, su richiesta di Chanterelle, sono diventata la segretaria di Shantidas. Allora egli ha smesso di impressionarmi, ci parlavamo normalmente, il rapporto di lavoro ha cancellato la distanza.
Jean-Baptiste. Avevo 18 anni, frequentavo l’ultimo anno di liceo nella sezione ‘matematica’, e mi pareva che tutte le filosofie si contraddicessero fra loro. La mia libreria preferita era il Bazar del Comune di Parigi, dove trovavo libri sulle religioni orientali. Dato che non era possibile parlare di queste cose con i preti, che rifiutavano tutto a priori, andavo lì. E’ in quel luogo che ho trovato una frase di Lanza del Vasto in Principes et Préceptes (Principi e Precetti per un ritorno all’evidenza) che mi è parsa essere una chiave di vita: “Vagabondo, conosci la dignità dell’atto verticale dell’uomo che è il camminare. Tenersi eretto non appartiene che all’uomo. Anche gli uccelli del cielo sono seduti sulle loro zampe o coricati nelle loro ali per volare.” Questa frase mi aprì una visione poetica del mondo e mi colpì profondamente.
La sera stessa, andaI a trovare un amico capo scout, che mi aiutava molto, per dirgli della mia scoperta. Lui conosceva Lanza e aveva anche letto la regola della sua nascente comunità. Mi fece scoprire il Pèlerinage aux sources (Pellegrinaggio alle sorgenti): ne rimasi incantato! La prova che Dio era presente in tutto, non apparteneva a nessuno e a nessuna religione. Non ero più un pericoloso eretico, la vita riprendeva gusto.
Niente che non sia tutto. Tre anni dopo Lanza è venuto a parlare a Strasburgo dove studiavo nell’Istituto superiore per il commercio. Non ricordo quale fosse il tema della conferenza, ma quell’uomo rappresentava per me tutto quello che cercavo. Sono andato a incontrarlo. Mi ha guardato con i suoi grandi occhi blu, come un lago gelato. Dato che non riuscivo a iniziare un discorso, gli ho chiesto una dedica sul suo libro e una frase che lo riassumesse. Si trattava del Principes et Préceptes du retour à l’évidence (Principi e precetti per un ritorno all’evidenza), il mio quinto vangelo; e Lanza vi ha scritto con la sua grande scrittura così caratteristica: “Niente che non sia tutto”, cosa che si può capire in due sensi: 1. Non fare di nessuna cosa un assoluto. 2. In ogni cosa, vi sono tutte le cose. Tra i due significati sono rimasto in sospeso… e sono andato via con la stessa fame che avevo arrivando, poiché non ero riuscito a stabilire un dialogo con lui!
In seguito, ho partecipato a un gruppo degli Amici dell’Arca, per poi entrare in comunità nel 1957. Amavo molto gli abiti, la bellezza semplice di tutto, ma Shantidas mi rimaneva inaccessibile. A volte, il suo sguardo di acciaio sembrava trafiggerti. Ti ascoltava ma non parlava, come una vetrata blu… Chanterelle invece era deliziosamente accogliente. Amavo il gragoriano che ci insegnava. Andavo d’accordo con la maggior parte dei compagni, ma da altri mi sentivo messo in discussione. Dopo un anno, mi è stato chiesto di andar via, perché ero insopportabilmente esigente e critico. Cosa che si è ripetuta nel 1959, dopo un anno di stage. Quella volta sono andato a finire in Algeria come capo giardiniere in un ospedale. E’ lì che ho incontrato Jeannine: era sul marciapiede della stazione, come se mi stesse aspettando.
Poeta e profeta. Shantidas era un essere eccezionale, una specie di profeta, anche se questa parola può sembrare forte. Per quanto riguardava la vita comunitaria, mi rivolgevo a Chanterelle, che era molto presente al suo fianco - senza di lei, l’Arca non sarebbe esistita. Ma quando avevo un consiglio personale da chiedere, andavo da Shantidas. Era colui che apre alla vita interiore lasciando a ognuno la propria libertà. Gli devo molto: la meditazione, la non-violenza, la vita comunitaria… Gli sono immensamente grato.
Malgrado le sue debolezze e i suoi limiti, aveva una forza e un indipendenza di pensiero molto rare. Ho visto le sue collere, i suoi propositi a volte eccessivi, ma ho visto anche i suoi atti di umiltà. A forza di sentirlo parlare, poiché lo accompagnavo nei suoi spostamenti per le conferenze, la sua parola mi ha impregnato. Eppure, raramente mi parlava individualmente. L’ho visto recitare come a teatro, prendere grossi rischi con la polizia, rimproverare un fumatore nel treno levandogli la sigaretta dalla bocca… Una volta avevo comprato delle arance, ma dato che venivano dal sud Africa non ha voluto mangiarne, per rispetto verso il boicottaggio contro l’apartheid! Negli ultimi anni della sua vita, gli sono stato molto vicino quando era vedovo, solo, e incompreso nel suo bisogno di affetto femminile .
Lanza era un poeta filosofo, che riabilitava la sensibilità come mezzo di conoscenza. Un Noè amante della natura che predicava il rispetto per la creazione. Tutta la vita ha approfondito, rivedendole e modificandole in continuazione, le sue costruzioni filosofiche. Ma il cuore di tutto il suo pensiero si riassume in una frase: “se tutto è relativo, l’assoluto di per sé stesso si impone : è la relazione”.
Shantidas fu per me il maestro che si faceva amico per camminare con il medesimo passo, anche se non era portato naturalmente a questo. Mi sentivo in ciò come il suo amico Luc Dietrich. Un giorno, che ero particolarmente critico, Chanterelle mi chiese: “Secondo te, è un profeta?” – “Certamente!” gli risposi senza esitare. Un’altra volta, dato che avevo io stesso paura del mio senso critico, gli ho chiesto se pensava che potevo far del danno all’Ordine. Mi ha trafitto profondamente con i suoi occhi blu negandolo nel modo più assoluto. Questo mi ha molto aiutato, anni dopo, ad accettare la responsabilità dell’Arca, poiché sapevo di avere la sua fiducia.
Riassumendo, oso dire : Shantidas è l’uomo della mia vita!