Lanza del Vasto non era, né un attivista, né un contestatore. I suoi impegni pubblici furono numerosi, ma molto precisi. Venivano dal più profondo sé. Erano il grido della sua coscienza di fronte alla violenza e alla menzogna, un gesto nobile e doloroso a favore della verità.
La Guerra d’Algeria fu l’occasione della sua prima lotta non violenta, contro la tortura praticata dall’esercito francese. Su questo, nel 1957, lancia un Appello alla coscienza dei francesi (Appel à la conscience des Français - PDF -115 ko), che fa sussultare l’opinione pubblica. Digiuna (nessun tipo di cibo, solo acqua) pubblicamente per venti giorni a Parigi, sostenuto da François Mauriac, Louis Massignon, l’abbé Pierre, il Generale de la Bollardière e altri. Contro gli arresti arbitrari, alcuni compagni dell’Arca si incatenano sulle piazze o dichiarano, nei commissariati: “Anche noi siamo persone sospette”. La polizia è imbarazzata, il pubblico si commuove. Nel 1960, pubblica Pacification en Algérie ou violence et mensonge (Pacificazione in Algeria o violenza e menzogna), denunciando l’impasse di una guerra coloniale assassina. De Gaulle non tarderà a comprendere che occorre scegliere un’altra strada.
La bomba atomica suscita in Lanza del Vasto una intensa riflessione e un altro grido di allarme. Dal 1958, denuncia la fabbricazione di questa arma di distruzione di massa di cui la Francia crede di dover andare fiera. Nella fabbrica di Marcoule, dove viene prodotto il plutonio, e a Ginevra, città-simbolo della pace, quindici giorni di digiuno danno vita a un movimento di opinione. Alla vigilia della prima esplosione nucleare francese nel 1960, pubblica De la Bombe (Della Bomba), testo di stupefacente chiarezza, in cui refuta gli argomenti che giustificano la preparazione dell’orrore e il sedicente equilibrio del terrore. Non trova ascolto: seguiranno più di 200 altri “test”, nel Sahara e in Polinesia. Nel 1976, Lanza digiunerà ancora davanti alla centrale di Malville. Contro la folle corsa alle armi nucleari, l’avvertimento che ha lanciato rimane e non sarà dimenticato.
De la Bombe – download del testo completo (PDF 174 ko)
L’obiezione di coscienza, in quanto diritto di rifiutare, per convinzione spirituale, di portare le armi e obbedire all’ordine di uccidere, è un’altra causa nei confronti della quale Lanza si mostra solidale. Repressa, all’inizio, questa domanda portò, nel 1963, al riconoscimento in Francia dello statuto dell’obiettore. In Italia e in Spagna, la lotta sarà più lunga. Dal 1956, Lanza porta il proprio sostegno a Danilo Dolci in Sicilia e, nel 1971, agli obiettori spagnoli nella loro marcia simbolica verso le prigioni. Più in generale, propugna la lotta per la giustizia con le armi della giustizia, cioè con mezzi non violenti. Martin Luther King e César Chávez, in America, condividono con lui questa visione.
Il Concilio Vaticano II gli appare una occasione provvidenziale, per la Chiesa cattolica, di riallacciarsi alla natura innatamente pacifica e non violenta del cristianesimo. Cristiano convinto, Lanza del Vasto vuole pregare per i vescovi riuniti e supplicarli di fare udire una parola in questo senso. È un momento solenne e poco noto della sua vita: nel 1963, digiuna per quaranta giorni, tutto il tempo della Quaresima, in un monastero vicino a Roma, per questa intenzione. L’enciclica Pacem in terris, diffusa il lunedì di Pasqua, sarà una risposta alla sua attesa, così come la costituzione Gaudium et Spes, che dichiara: “noi non possiamo non lodare coloro che, rinunciando alla violenza nella rivendicazione dei loro diritti, ricorrono a quei mezzi di difesa che sono, del resto, alla portata anche dei più deboli” (paragrafo 78). Nel 1965, con l’approssimarsi della chiusura del Concilio, anche Chanterelle, sposa di Lanza del Vasto, e un gruppo di 18 donne, digiuneranno a Roma per questa intenzione. Si può anche notare che, dopo di allora, tutti i papi della Chiesa cattolica, e oggi il Papa Francesco, si pronunciano sempre più esplicitamente a favore della non violenza.
L’estensione dei campi militari del Larzac, decisa in modo brutale, provoca la protesta di 103 contadini, spogliati delle loro terre. L’Arca, che ha sede non lontano, non resta sorda a questa ingiustizia. Nel 1972, Lanza del Vasto vi digiuna per 21 giorni, per trasmettere a questo movimento lo spirito e i modi della non violenza. La moglie di un agricoltore dirà: “Ci ha donato tre settimane della sua vita”. La comunità dell’Arca si coinvolge, occupa il Borgo dei Truels, requisito dall’esercito. Il confronto, di cui il film Tous au Larzac è memoria, dura nove anni e volge poco a poco a favore dei contadini. In alto, si temporeggia; sul luogo, i soldati sono tutti toccati nella propria coscienza, i capi esitano, le espulsioni sono ritardate. Nel 1981, l’anno della morte di Lanza, lo Stato abbandona il progetto. Ciò che era la semplice difesa di un diritto è divenuto allora un vasto movimento di società contro la militarizzazione a oltranza, per il rispetto della terra, per una riflessione di fondo sull’avvenire del nostro mondo. Il Larzac resta un simbolo: la grande ombra del Pellegrino è passata di là.